12.6.11

BLOOMSADAY 2011: IL LETTO DI MOLLY BLOOM

IMPRESSION D’AFREAK N° 13
BLOOMSDAY 2011:
 IL LETTO DI MOLLY BLOOM



 Giovedì 16 giugno, alle ore 21, all’Atelier Meta-Teatro, ci sarà l’ultimo appuntamento stagionale dello spettacolo Impression d’Afreak, ideato e interpretato da Pippo Di Marca. Come è noto si tratta di un esperimento drammaturgico ‘seriale’ articolato secondo una formula particolare: un format teatrale che ad ogni replica innesta su una struttura drammaturgica rigida contenuti e temi diversi – spesso sulla banalità dell’ ‘immondo mondo’, sempre con una centralità assoluta di ‘alta’ letteratura. Per cui ogni replica, o capitolo, si può considerare di fatto una nuova e totalmente inedita ‘puntata’.

Quella di giovedì 16 giugno è la tredicesima ed è centrata su Joyce e sul Bloomsday: il giorno in cui si sarebbero svolte ‘nella realtà’ le vicende del protagonista dell’Ulisse; il giorno in cui annualmente al Meta-Teatro, come del resto in tutto il mondo, si celebra il grande scrittore irlandese.

Così è nata l’idea di abbinare Impression d’Afreak alla Molly joyciana nello spettacolo “Impression d’Afreak n° 13 – Bloomsday 2011: Il letto di Molly Bloom”. Pippo Di Marca, avvolto in un grande lenzuolo composto da pagine del testo e adagiato ‘nel letto di Molly Bloom’ sarà interprete del monologo.



ATELIER META-TEATRO
Via Natale del Grande 21, Roma
Ingresso: euro 10,00 + tessera euro 2,00




In margine a:

IMPRESSION D'AFREAK N. 13 - BLOOMSDAY 2011 : IL LETTO DI MOLLY BLOOM”

La singolarità, e se vogliamo anche l'anomalia, di questa 'soirée' che azzarda un connubio con Joyce e Molly Bloom proprio nel giorno del Bloomsday penso richieda qualche riflessione a margine. A che non paia un puro pretesto d'occasione, mentre è il proseguimento di un'idea lontana di 'desacralizzazione' di Joyce già sperimentata nel 1981 con ‘Violer d'amores’, e nata e sollecitata oltretutto da parecchi scambi su di lui, su 'Tel Quel Sommo', come mi diceva allora Carmelo, avuti proprio con Carmelo e con Leo. I quali lo veneravano ma al tempo stesso lo 'temevano' e si sono guardati bene dall'affrontarlo. In verità neanch'io ho osato per così dire prenderlo di petto. Stante che ‘Violer d'amores’ utilizzava soltanto poche frasi dall'Ulisse e da Anna Livia Plurabelle, reiterate in originale fino all'ossessione all'interno di una coreografia 'in fortissimo' di corpi e di voci femminili: Joyce come teatro-danza: più desacralizzato e decontestualizzato di così! (A dire il vero Leo, sia pure in extremis, infrangendo la regola della 'irrapresentabilità' di Joyce che per lui era pura, assoluta letteratura, e in quanto tale risolta pienamente in sé, il teatro avrebbe dovuto tenersene alla larga, ci ha provato da par suo in tarda maturità, inserendo tre brani brevi - l'inizio del Finnegans Wake, le ultime parole di Molly e un altro pezzo di Stephen Dedalus dall'Ulisse - nel suo ultimo ‘testamentario’ spettacolo Past Eve and Adam's . Questi tre brani, tesi a formare una Trinità, uno riferendosi al Padre, gli altri al Figlio e alla Madre, come puro ascolto, in un silenzio assoluto, hanno costituito il punto più emozionante del Bloomsday 2009. I pezzi di Leo iniziavano con il 'sublime' Requiem di Mozart e finivano, nella 'chiusa' di Molly Bloom, con una base jazzistica sostenuta da una parossistica, molto terrena, 'volgare' batteria contrappuntata da una voce forse ironicamente 'stridula'...) Ma, fermo restando che sono stati fatti all'estero e in Italia (in particolare da Enrico Frattaroli, che oltretutto ha anche collaborato alla realizzazione di alcuni Bloomsday), lavori ed esperimenti dagli esiti notevoli in direzione più rispettosa dell' 'aura mitica' accumulatasi su Joyce in decenni di studi, simposi e consacrazioni accademiche internazionali fin quasi a sfiorare la 'mistica', e di cui, come che sia, tutti noi 'joyciani', chi più chi meno, siamo irrimediabilmente imbevuti, un'idea , come dicevo, di 'desacralizzazione' non appare in fine così tanto peregrina... Anche perché, a guardar bene, ce ne offre il destro proprio Joyce: sotto certi profili il primo a desacralizzarsi sarebbe proprio lui stesso. Nell'Ulisse, per es., sembra che parlino 18 Joyce, tanti quanti sono i capitoli dell'opera (fu in base a questo convincimento che anni fa inaugurammo i 'bloomsday' con la prima lettura integrale di tutto l'Ulisse affidata a 18 diversi attori). E che dire del Finnegans Wake, dove c'è addirittura una moltitudine incommensurabile di fatti, di personaggi, di contaminazioni linguistiche tutte partorite o provocate da un personaggio ‘improponibile’, quello di un povero muratore morto cadendo sbronzo da una scala a partire dalla cui 'veglia' viene generato un flusso di parole che ambiscono a rappresentare per mimesi linguistica la storia dell'uomo, in definitiva forse adombrando una sua dimensione ironico- 'picaresca'... a tratti persino sfiorando eruditissime e sconvolgenti, umanissime caricature... Forse è azzardato parlare di auto-'desacralizzazione' (ragionevolmente appare più giusta la sentenza del fratello Stanislaus che parlava di “ultimo delirio della letteratura prima della sua estinzione”)... ma insomma qui l'inespresso, l'ermetico, l'indicibile di Joyce non è quello di Kafka o di Musil, qui tutto è detto, anche troppo, e si respira piuttosto il 'delirio' di un Cervantes, di un Rabelais, già prefigurando la strada che spalancherà le porte del postmoderno... E per tornare, in quest'ottica se si vuole 'dissacrante', a questa nostra serata 'squisita', al 'letto di Molly Bloom', devo dire che da gran tempo mi è sembrato di intravedere in Molly 'anche' una sorta di autoritratto d'artista al femminile, una sorta di 'portrait of the artist as an old woman', come se Joyce dicesse con le parole di uno dei più straordinari monologhi femminili mai scritti da penna maschile 'Molly Bloom c'est moi!' E' chiaro che Joyce all'apparenza, come individuo sociale, non aveva niente di femminile, anzi era in tutto e per tutto un maschio tipico irlandese di fine ottocento, ma con ogni evidenza non è questo il punto.... E insomma, alla fin fine, e vai, mi sono detto, un po' di 'desacralizzazione' non guasta anche per il Maestro dei Maestri...